25 Aprile 2011: Giorgio Ornati

Giorgio Ornati – Ricercatore

Anche per chi come me lavora nella Ricerca il 25 Aprile è una grande ricorrenza. Si festeggia la liberazione dal giogo nazifascista ed il ritorno alla democrazia e alla libertà, anche di pensiero, dopo il ventennio fascista e la imposizione del pensiero unico della dittatura mussoliniana.

E’ importante festeggiarlo quest’anno, un anno in cui si celebrano i 150 anni dell’unità d’Italia , un anno in cui assistiamo all’affermarsi dei movimenti di liberazione dei popoli del Nordafrica, che stanno facendo cadere, uno dopo l’altro i tiranni che li hanno schiacciati per decenni in uno stato di povertà e indigenza ,nonostante le ingente risorse a disposizione, che invece di essere ridistribuite, finivano per lo più nelle tasche dei dittatori e delle loro famiglie.

Sono giovani, per lo più gli insorti, che usano internet per aggregarsi ed i social networks invece delle nostre gloriose staffette partigiane e i volantini clandestini.

In Italia la lotta di liberazione ha costituito un secondo risorgimento, una guerra di popolo che ha condotto il paese a poter scrivere un’altra storia, una storia repubblicana e democratica che ha rifondato il suo vivere comune sulla carta costituzionale.

Le aspirazioni di un popolo, per questo la costituzione è così importante, si sono tradotte nella nostra bella costituzione, che già nel suo primo articolo stabilisce che l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro.

Non sulle rendite finanziarie, non sul lavoro sommerso e sulle mafie, non sulle speculazioni immobiliari e sull’evasione fiscale che ingoia come una voragine risorse altrimenti utilizzabili per la collettività.

 La Costituzione assegna al lavoro un valore fondante del nostro vivere civile.

E’ nel ridare dignità al lavoro che possono riaffermarsi le ragioni dello stare insieme, un lavoro che manca , con un tasso di disoccupazione ancora vicino al 9% e che vede le donne, il sud, le giovani generazioni soffrire più di altri.

Ormai un cittadino su tre sotto i 24 anni è disoccupato o non trova occupazione. Spesso chi è occupato non lo è in modo stabile ma con una miriade di contratti atipici che impediscono di progettare il futuro della propria esistenza, di chiedere un mutuo, di fare progetti per se e i propri figli.

Abbiamo parlato spesso di declino del nostro paese, termine che non piace al ministro dell’economia, “ una menata che dura da un decennio” ha detto.

In parte ha ragione, forse ora è meglio parlare di degrado, degrado economico di un paese, che come rilevato anche da Confindustria non è messo nelle condizioni di crescere, degrado Istituzionale, con lo scontro continuo tra poteri dello stato , degrado morale, dove anche i migliori cervelli del paese, se donne, vengono considerate per il proprio corpo, non per quanto quelle donne possono apportare alla innovazione e allo sviluppo.

E la Ricerca, che invece di essere considerata come  la benzina necessaria a far ripartire il motore della ripresa economica, è ancora penalizzata, nonostante la qualità che essa è in grado di esprimere, da finanziamenti insufficienti, fermi da decenni all’1% del PIL (sotto la media europea) ed il settore privato (nel quale lavoro, presso il Centro Ricerche Oncologiche di Nerviano ) che investe poco, appena lo 0.3% del PIL in Ricerca. Anche di questo dovrebbe preoccuparsi Confindustria .

Il Governo poi è incapace di comprendere la relazione tra Ricerca

 ( anche quella di base, non solo quella applicata) e crescita

economica e di trarne le dovute conseguenze, come invece insegnano Regno Unito e Germania.

 La scienza è diventata ormai un’impresa globale. Ci sono 7 milioni di ricercatori nel mondo e la spesa internazionale in ricerca e sviluppo ha superato i mille miliardi di dollari. Oggi che siamo entrati nella “ Economia della conoscenza” il sapere è una variabile imprescindibile nella competizione economica internazionale.

Bisogna passare dalla politica degli annunci ( ancora oggi assistiamo alla promessa di miliardi destinati alla ricerca) ai passi concreti, premiando le eccellenze nei vari settori, senza disperdere le risorse in mille rivoli che non servono a nessuno.

E il sistema italiano oltretutto, sfavorisce la categoria più importante per reggere il confronto con altri paesi: i giovani.

E’ non è solo un problema di debito pubblico e di compatibilità di bilancio.

Perfino l’Argentina, sì il paese che nel 2002 è andato in default , ha elaborato un piano per il rientro in patria dei ricercatori.

Sono già più di 800 i giovani ricercatori rientrati nel paese e l’obiettivo è di arrivare a 7000 , con incentivi fiscali, concorso nelle spese di viaggio e di alloggio e col favorire l’incontro tra domanda e offerta negli istituti di ricerca pubblici e privati.

Da noi, il famigerato art. 18 della legge Gelmini ostacola  perfino l’impiego di un tecnico di laboratorio per un progetto di due anni nelle università.

Il 9 Aprile in molte città i precari (tra cui molti ricercatori) hanno detto che non hanno più intenzione di aspettare, che vogliono opportunità adesso , che non ci stanno ad essere espulsi dalle Università nelle quali hanno lavorato per anni , dedicando tempo e passione per portare avanti le loro ricerche.

Le risorse sono limitate, certo,ma vanno concentrate, come ci ha ricordato autorevolmente il Capo dello Stato , nelle scelte di prospettiva, in ricerca, innovazione, istruzione, per dare una prospettiva migliore al nostro paese , per sviluppare le energie rinnovabili, la ricerca di nuovi materiali, meno inquinanti , l’incontro tra scienza e sviluppo industriale.

L’Italia ha le capacità e le competenze per poter risalire la china, occorrono politiche economiche adeguate che favoriscano questa ripresa.

Il riportare al centro del dibattito politico il tema del lavoro e della qualità del lavoro è un passaggio indispensabile per ridare slancio ad un paese fermo, lacerato, privo di prospettive.

Viva il 25 Aprile , viva la Resistenza, viva la Costituzione.