Il Comitato dei saggi, nominato dal Governo, che ha lavorato, cosa che mai si era verificata prima, come una Commissione vera e propria, ha elaborato un progetto da sottoporre al Parlamento. Il preventivo lavoro dei consulenti nominati dal governo non è in alcun modo giustificato se non dalla volontà di influenzare l’attività del Parlamento, fornendogli addirittura la base prestabilita della discussione. Una volta era il Parlamento che lavorava attorno ad una bozza e poi, magari, interpellava un gruppo di esperti. Adesso è il contrario. Sarà il Parlamento che si troverà di fronte ad un lavoro completo che dovrà esaminare e votare in tempi strettissimi.
L’eventuale approvazione del disegno di legge costituzionale di modifica dell’articolo 138 della Costituzione, prevede: a) la riduzione da tre mesi ad uno dell’intervallo intercorrente tra la prima e la seconda approvazione del testo delle leggi di revisione costituzionale da parte dei due rami del Parlamento; b) l’istituzione di una Commissione bicamerale della quale non c’è assolutamente bisogno, in quanto esistono già le competenti Commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato; c) la definizione della materia delle riforme che riguarderebbe il Parlamento, il Governo, il Presidente della Repubblica, il sistema delle autonomie. La progettata riforma investirebbe quindi un terreno molto vasto e dovrebbe portare alla modifica di ben 69 su 139 articoli della Costituzione, interessando non solo la forma di Governo, ma anche la forma di Stato.
Siamo sempre stati e saremo contrari ad ogni progetto di repubblica presidenziale o semipresidenziale, e al rafforzamento del potere esecutivo, a danno degli altri due poteri, legislativo e giudiziario, rafforzamento che provocherebbe la rottura dell’equilibrio su cui si fonda la democrazia nel nostro Paese, pur concordando sulla necessità della riduzione del numero dei parlamentari e sul superamento del bicameralismo perfetto. Vogliamo che la Repubblica rimanga parlamentare, nella concezione della politica fondata sulla partecipazione, sulla legalità e intesa come servizio reso al Paese.
Per affrontare la gravissima depressione economica e sociale, il dramma della disoccupazione, soprattutto giovanile, che ha colpito drammaticamente il nostro Paese, non occorrono provvedimenti di ingegneria costituzionale. Serve invece un profondo rinnovamento della politica che non deve procedere per slogans od analisi superficiali nè ridursi a giochi di potere o appiattirsi sui problemi dell’immediato, su iniziative di corto respiro, ma dotarsi di progettualità, di proiezione e tensione verso l’avvenire, per costruire una società più libera e più giusta. La piena attuazione di quanto sancito dalla Costituzione repubblicana costituisce la sola prospettiva democratica di uscita dalla crisi economica, politico, istituzionale ed etica che ha investito il nostro Paese.