Tutto ebbe inizio 45 anni fa, il 12 dicembre 1969, con la terribile esplosione alla Banca Nazionale dell’Agricoltura, in piazza Fontana che provocò 17 morti e 88 feriti. Quella sanguinosa strage nazifascista fu preceduta da preoccupanti segnali, già evidenziati nel documento del Comitato Permanente Antifascista per la difesa dell’ordine repubblicano costituitosi a Milano, nel mese di maggio, all’indomani delle bombe neofasciste alla Fiera Campionaria e alla Stazione Centrale del 25 aprile 1969. Nel documento si denunciava l’intensificazione dell’attività criminosa neofascista, la mancata identificazione di esecutori e mandanti da parte della struttura dello Stato non rinnovata e non aderente agli ideali della Repubblica e della Resistenza.
Con la strage di piazza Fontana si volevano fermare i processi di riforme e di rinnovamento della società italiana frutto delle lotte dei lavoratori e dell’avanzata delle forze di progresso. Il 1969 fu l’anno in cui ci si batteva per lo Statuto dei Lavoratori, per l’unità sindacale, per ottenere non solo migliori condizioni contrattuali, ma anche per una società più giusta. Nel 1970 vengono approvate le leggi sullo Statuto dei Lavoratori, la più importante e avanzata conquista sociale del dopoguerra, sull’ordinamento regionale e sul divorzio. E negli anni successivi seguiranno quelle sulla parità tra donne e uomini nei luoghi di lavoro, sulla riforma del diritto di famiglia, sulla fissazione a 18 anni della maggiore età, sulla chiusura dei manicomi, sull’interruzione di gravidanza, sull’istituzione del Servizio sanitario nazionale. Tutto questo avvenne, grazie alla mobilitazione del mondo del lavoro, del sindacato e delle forze democratiche, in presenza di un sistema parlamentare bicamerale e in un periodo in cui il percorso parlamentare delle leggi era più accidentato di oggi. Ma la politica allora era dotata di progettualità, più attenta alla società, ai suoi bisogni, alla cultura, ai diritti. La rivoluzione dei diritti ha attraversato gli anni settanta e ci ha consegnato un’Italia più civile. Con la strage di piazza Fontana, di piazza della Loggia, del treno Italicus, di via Fatebenefratelli, di Peteano, di Bologna, si attuò quella strategia della tensione che tante vittime innocenti doveva mietere e che aveva come suo obiettivo quello di minare le basi del nostro regime democratico e di colpire a morte la Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza.
Milano e l’Italia hanno corso un pericolo gravissimo. Se Milano avesse ceduto alla paura il corso degli eventi avrebbe potuto essere un altro. E il 15 dicembre 1969 ai funerali, piazza Duomo era affollata all’inverosimile: c’era un silenzio impressionante. Quei cittadini, quegli operai, quei lavoratori, quegli studenti sono stati fondamentale garanzia di democrazia. Anche oggi abbiamo più che mai bisogno che i lavoratori, il sindacato, i giovani, le donne, i cittadini siano garanzia di democrazia, nella difficilissima fase politica, economica e sociale che il nostro Paese sta attraversando, caratterizzata da una caduta senza precedenti dell’etica pubblica, dal manifestarsi quasi quotidiano di fenomeni di corruzione, sino alla scoperta di infiltrazioni della criminalità mafiosa nella stessa amministrazione pubblica e del controllo sugli appalti pubblici da parte dei terroristi dei Nar, come avvenuto a Roma. L’abisso tra cittadini e istituzioni, tra cittadini e politica si va facendo sempre più profondo. Occorre una vera e propria rigenerazione della politica che deve essere posta al servizio della collettività e del bene comune, come l’intera vicenda resistenziale ci ha insegnato.La gravissima crisi recessiva che investe l’Europa si intreccia con il rifiorire di movimenti neofascisti, neonazisti e populisti particolarmente attivi in nazioni come l’Ungheria, la Grecia e la Francia. Anche nel nostro Paese che, se ha sconfitto il fascismo militarmente, non lo ha fatto culturalmente e idealmente e a Milano, città Medaglia d’Oro della Resistenza dobbiamo registrare il reiterarsi di manifestazioni e iniziative di tipo dichiaratamente fascista.
Chiediamo in vista del 70° anniversario della Liberazione, alle istituzioni e alle autorità cittadine, l’impegno forte e determinato volto ad impedire che Milano, capitale della Resistenza, venga invasa e oltraggiata da simboli e manifestazioni neonaziste e neofasciste che si contrappongono ai principi della Costituzione repubblicana, alle leggi Scelba, Mancino e offendono la memoria dei Caduti per la Libertà.
Ricordare oggi la spaventosa e orribile strage neofascista di piazza Fontana ha anche questo significato: richiamare i pericoli che la nostra democrazia sta ancora correndo. Ma in questo giorno il nostro pensiero non può non andare alle vittime inermi di quella strage, a quei semplici lavoratori e commercianti la cui vita, le cui speranze sono state inesorabilmente spezzate e al dolore inconsolabile dei familiari, alle loro sofferenze e delusioni patite in questi lunghissimi anni. I parenti sono stati colpiti due volte: per la perdita dei loro cari e per i depistaggi degli apparati dello Stato, per la copertura dei veri colpevoli, per lo spostamento del processo a migliaia di chilometri di distanza da Milano. E il nostro commosso ricordo non può non andare alla diciottesima vittima di piazza Fontana, Giuseppe Pinelli, che fu vittima due volte, prima di pesantissimi infondati sospetti e poi di una improvvisa assurda e tragica fine. A tutta la sua famiglia va la nostra commossa e affettuosa vicinanza e solidarietà.
Ma ricordare non basta. La memoria deve essere contestualizzata storicamente se vogliamo che non si traduca solo in un semplice, anche se doveroso ricordo. Risulta ormai storicamente accertata la responsabilità neofascista e neonazista negli attentati del 12 dicembre 1969, così come evidenti sono le connivenze dei servizi deviati dello Stato, i depistaggi e le coperture internazionali. Dobbiamo tuttavia rilevare che, quando, nel 2005 la Cassazione confermò l’assoluzione di Delfo Zorzi e Carlo Maria Maggi nel processo scaturito dalla nuova indagine del giudice Salvini, molti pensarono che fosse la fine della ricerca della verità. Al contrario, quella sentenza, confermando l’impianto dell’indagine, il ruolo operativo di Ordine Nuovo nel Veneto, la partecipazione di Freda e Ventura e la colpevolezza di Carlo Digilio, reo confesso, ha definito una volta per tutte il perimetro delle responsabilità dell’estrema destra. Ci troviamo di fronte, allora, all’identificazione di un gruppo di persone alcune delle quali, anche se non più punibili, come Freda e Ventura, perchè assolte per insufficienza di prove in via definitiva, sono state raggiunte dal riconoscimento processuale della colpa. Oggi abbiamo accumulato molte più conoscenze sul terrorismo nero di quegli anni e identificato alcuni colpevoli. Ma è poco, troppo poco per un Paese civile; troppo poco per poter dire ai giovani che tutta la verità non è stata definitivamente accertata e che la giustizia non è arrivata a condannare i responsabili di simili tragedie. Il nostro stato porta su di sé il grave peso di una democrazia non pienamente compiuta, per le stragi impunite, le deviazioni accertate, le vittime a cui non è stata resa giustizia. Sulle stragi neofasciste che per decenni hanno insanguinato l’Italia giustizia non è stata fatta, nonostante gli sforzi di alcuni onesti e impegnati magistrati. Gli unici a dover pagare sono stati per piazza Fontana come per Brescia i familiari delle vittime, che avrebbero dovuto farsi carico delle spese processuali.
Ma noi non ci arrenderemo. Abbiamo un compito ben preciso, quello della memoria: quanto accaduto 45 anni fa deve diventare parte di una consapevolezza storica dell’intero Paese, non soltanto delle nuove generazioni ma anche dei tanti, dei troppi che hanno dimenticato. Non ci accontenteremo però della sola memoria. Continueremo ad esigere, a pretendere la verità, sugli autori materiali, sui mandanti, sui depistatori e su coloro che, all’interno dello stato, hanno spinto nella direzione contraria alla ricerca della verità. Le nuove prove raccolte e le valutazioni della Cassazione sulla strage di Brescia che conducono ad un nuovo imminente processo, potrebbero aprire alcuni spiragli per avere giustizia anche per la strage di piazza Fontana. Continueremo a cercare qualsiasi frammento di verità rimasto nascosto,perchè non potremo dirci una nazione democratica se non avremo risolto quei tragici fantasmi storici e lo scandalo della loro rimozione. Ci batteremo per respingere ogni tentativo di eversione e di disgregazione della vita democratica, quale che sia la forma in cui esso venga attuato, esigendo rispetto della verità, della convivenza civile, dei valori fondanti della nostra democrazia, la difesa, l’applicazione e l’attuazione della Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza, baluardo e faro della nostra democrazia.
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