Il 5 agosto 2016 ci ha lasciato il partigiano combattente Giulio Cuzzi.
Di famiglia antifascista, Giulio prese parte dal 1944 al 1945 alla Resistenza arruolandosi nell’Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo comandato dal maresciallo Tito.
Così Giulio racconta in una sua memoria del novembre 2010: “Nel gennaio 1945 i tedeschi hanno fatto una leva obbligatoria dai 16 anni in su, perché comandavano loro nella mia regione. Ho deciso di andare con i partigiani, avevo 17 anni. Ho dovuto scegliere tra due possibilità: fare il partigiano in città, ma avrei messo a rischio la mia famiglia, oppure potevo arruolarmi con l’Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo comandato dal maresciallo Tito: ho preso il mio zaino e sono andato con l’esercito di Tito.”
Nel dopoguerra Giulio è stato tra i fondatori del Circolo Culturale Bertolt Brecht a Milano. Attualmente Giulio era membro della Presidenza Onoraria dell’ANPI provinciale di Milano. “Volevo in chiusura parlare – si legge nella testimonianza di Giulio – anche della mia esperienza con l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia. Sono tuttora Presidente dell’ANPI alla Sezione “Del Riccio” a Gorla, in viale Monza 140, un Circolo Familiare di Unità Proletaria, già sede della 28° Brigata Matteotti.
L’ANPI è veramente una realtà indipendente. Difende ad oltranza gli ideali della Costituzione nata nella “Resistenza” Questa Associazione che con mezzi democratici contrasta i tentativi revisionisti della storia ed i continui attacchi alla Costituzione oggi ha tra i suoi associati molti giovani e questa è una buona premessa per il futuro.”
Lo ricorderemo sempre per i suoi interventi stimolanti e mai banali nelle riunioni del Comitato provinciale di Milano, alle quali non faceva mai mancare la sua presenza, anche negli ultimi tempi. E non dimenticheremo la sua disponibilità e la passione con la quale si soffermava sui temi dell’antifascismo, del pericoloso ripresentarsi di rigurgiti neofascisti e sulle questioni internazionali.
Giulio ha scritto una autobiografica della propria esperienza partigiana Sassi e Mar che presenteremo, con il figlio Marco alla casa della Memoria il 6 ottobre prossimo.
È un libro molto bello e coinvolgente. Giulio me ne ha fatto dono il 20.3.2013 con una dedica, in calce alla quale ha scritto: “Morte al fascismo. Libertà ai popoli. Ora e sempre Resistenza!” Questo era Giulio.
Nel corso dell’estate ci hanno lasciato il partigiano Giulio Furlai di Quarto Oggiaro, il Presidente Onorario dell’ANPI di Legnano, Candido Poli, ex deportato e il Presidente Onorario della Sezione ANPI di Crescenzago Peppino Bonfichi.
Tentativi di delegittimazione dell’ANPI
Sono in atto, da tempo, pericolosi tentativi di delegittimazione della nostra Associazione. Uno dei fatti più gravi avvenuti questa estate è stata la decisione dell’Amministrazione Comunale di Firenze di escludere l’ANPI dalle celebrazioni ufficiali per la liberazione di Firenze dai nazifascisti, avvenuta l’11 agosto 1944.
In un articolo comparso lunedì 5 settembre 2016 sul “Corriere della Sera”, Pierluigi Battista scrive: “Grottesca non è l’Associazione Nazionale partigiani, ma chi pretende di parlare a nome dei partigiani senza essere stato partigiano, cioè vantando titoli morali che, anagraficamente parlando, rappresentano una purissima usurpazione.” Una tesi di questo tipo oltre ad essere offensiva è estremamente pericolosa. Se dovesse prevalere, riguarderebbe non solo l’ANPI, ma l’ANED, la FIAP, l’ANPPIA, i Partigiani Cristiani e tutto ciò costituirebbe un colpo mortale per tenere viva la memoria. Ricordiamo che la scelta di aprire agli antifascisti fu compiuta a Chianciano nel 2006, nel Congresso nazionale dell’ANPI, guidato da Tino Casali e nel quale la presenza dei partigiani era ancora molto consistente.
Campagna referendaria
In una circolare del 19 luglio scorso, Carlo Smuraglia si sofferma su un aspetto particolare della campagna referendaria, che è quello dei nostri rapporti con i Comitati nazionali per il NO e, in generale, con le modalità di conduzione della campagna, come si sono realizzate, al vertice, finora. Nella circolare si sostiene di avere chiesto più volte più collegialità, maggior coordinamento, maggiore parità tra tutte le componenti, ma di essere rimasti poco soddisfatti. “Abbiamo chiesto più volte – si legge – di privilegiare, rispetto alle assemblee, le riunioni operative, dotate di efficacia e che si concludano in modo inequivocabile (quando occorre, col voto). Siamo stati costretti, a fronte di risposte non soddisfacenti, ad assumere una posizione precisa, ricordando a tutti gli altri che la nostra adesione ai Comitati fu accompagnata dalla rivendicazione della nostra autonomia. Rivendicazione che ora dobbiamo rendere più evidente nel senso che noi organizzeremo la nostra campagna referendaria, con i nostri sistemi e con il nostro impegno, pur partecipando agli incontri ed alle iniziative dei Comitati, ogni volta che essi sono concordati e decisi assieme. Irrobustiremo i rapporti già ottimi, con l’ARCI e quelli – sempre positivi – con altre componenti, come “Libertà e Giustizia” e con la CGIL (ora pronunciatasi per il NO). In estrema sintesi, nessuna “rottura” (che sarebbe dannosa per l’esito finale), ma la ricerca – nel quadro della nostra autonomia – di una modalità diversa della conduzione della Campagna che deve essere unitaria.”
Referendum a Milano e nei comuni della città metropolitana
Anche a Milano e nei comuni della città metropolitana, dopo che sono state raccolte oltre 26.000 firme, i rapporti con alcuni esponenti del Comitato per il NO si stanno facendo più delicati. Ci è stato proposto, ma abbiamo decisamente rifiutato, di costituire un’Associazione, durante la campagna referendaria (allo scopo – si sostiene – di raccogliere fondi per l’autofinanziamento) che dovrebbe sussistere anche dopo l’esito referendario. Al nostro rifiuto si sono associati ARCI e Libertà e Giustizia. Non vogliamo rompere con nessuno. Anzi, nostro obiettivo è quello di un maggior coordinamento e rafforzamento anche sul piano organizzativo di tutte le realtà impegnate per il NO. Questo però non significa subalternità a decisioni che non condividiamo.
Revisione costituzionale
Vorrei premettere che il nostro giudizio sulla revisione costituzionale è negativo, indipendentemente dall’intreccio con la legge elettorale, che è stata certamente predisposta in funzione della revisione e che ne aggrava la portata. Dovremo affrontare una campagna referendaria dai toni molto accesi nel corso della quale i mass media non hanno nessuno scrupolo ad utilizzare contro di noi i partigiani che si pronunciano per il sì. Dobbiamo evitare di farci trascinare nel plebiscito pro o contro il governo e rimanere nel merito delle argomentazioni relative alla revisione costituzionale. Ci dovremo attrezzare a rispondere alle argomentazioni più pericolose dei sostenitori del sì, che potrebbero fare presa sull’opinione pubblica. Particolare attenzione è da riservare alla unità della nostra Associazione: bisogna rispettare le posizioni di chi, al nostro interno, voterà per il sì.
Argomentazioni usate dai Comitati per il sì
II sostenitori del sì sostengono che sono molti anni che si discute e si chiedono perché opporsi adesso, quando si decide, finalmente, di fare qualcosa per l’aggiornamento della Costituzione.
Non si tratta, secondo noi, di fare a tutti i costi, ma di fare bene, aggiornando quando occorre, ma rispettando lo spirito e i valori della Costituzione. Inoltre non è vero che non si sia fatto nulla. Sono stati modificati, in varie occasioni, molti articoli della Costituzione e, in taluni casi, addirittura alcune parti. È vero, invece, che non si è data attuazione a norme fondamentali della Costituzione.
Risparmio di spesa
Quella del risparmio di spesa è una delle tesi più frequenti e diffuse. Ma una riforma costituzionale di grande peso, come quella che attiene alla trasformazione di una delle due Camere, non può essere neppure concepita per semplici ragioni di risparmio di spesa, come si dichiara addirittura nel titolo della legge di revisione. Il buon funzionamento delle istituzioni non è un problema di costi, bensì di equilibrio tra organi diversi e di potenziamento, non di indebolimento delle rappresentanze elettive. Il risparmio in sé è modestissimo. Siccome i senatori arriveranno da tutta Italia, avranno diritto ai rimborsi per il viaggio, le trasferte, il vitto e l’alloggio nella capitale, oltre al personale di segreteria e ai consulenti degli uffici legislativi. Nel bilancio di previsione del 2016 del Senato si legge che quest’anno si spenderanno per il suo funzionamento un totale di 540 milioni di euro. Riducendo di 215 il numero dei senatori il totale del risparmio annuo ammonterebbe a 48 milioni di euro, pari ad appena l’8,8% del bilancio del Senato. Lo stesso risultato si sarebbe ottenuto decurtando del 10% lo stipendio complessivo di deputati e senatori, senza toccare la Costituzione. La revisione, inoltre, regala l’immunità parlamentare a 100 fra sindaci (21) e consiglieri regionali (74)
Avremo meno politici
Il sì sostiene che con la revisione avremo meno politici. In Italia, in realtà, tra Stato centrale, enti locali, società pubbliche o partecipate, vivono di politica circa 1 milione e centomila persone (secondo uno studio della Uil del 2013). Il disegno di legge Boschi ne cancella 215, riducendo i senatori da 315 a 100.
Superamento del bicameralismo perfetto
Falso è lo slogan: superamento del bicameralismo perfetto ed iter legislativo semplificato. La revisione costituzionale abolisce solo le elezioni per il Senato. Per il resto il Senato resta vivo e vegeto. Il Senato partecipa intanto alla funzione legislativa, la più importante funzione da sempre riservata al popolo sovrano che un sistema democratico non consente sia affidata a un organo scollegato dai cittadini. Al Senato, oltre alla legislazione, restano altre rilevanti funzioni, come l’elezione del Presidente della Repubblica e dei giudici costituzionali. L’iter legislativo non risulta semplificato. A chiunque avesse dei dubbi su come votare si consiglia di confrontare il vecchio e il nuovo articolo 70 della Costituzione, un rigo il primo (“La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere), una pagina e mezzo il secondo. Il nuovo articolo 70 consta di ben 425 parole. Basta leggere i commi 3 e 4 dell’articolo 70 per rendersi conto di come l’iter legislativo venga “semplificato”.
Governi più stabili
Si sente parlare di revisione costituzionale in funzione della stabilità, considerando la stabilità come valore assoluto. Un governo non si può giudicare dalla sua durata, ma dalla sua politica. I sostenitori del sì affermano che avremo più stabilità grazie al fatto che solo la Camera dei Deputati voterà la fiducia al governo. La stabilità del governo non dipende dal numero di Camere che votano la fiducia, ma dalla coesione delle maggioranze. La Repubblica italiana ha avuto 63 governi, e solo due in 70 anni (quelli di Romano Prodi) sono caduti per il diniego della fiducia in Parlamento. Tutti gli altri sono venuti meno in seguito a manovre extraparlamentari.
I Consiglieri e i sindaci che faranno i senatori rappresentano le autonomie locali
Il nuovo articolo 55 dice che il “Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali” (la rappresentanza della nazione è riservata ai soli deputati). Ciò non è vero. I sindaci rappresentano la loro città e basta. E i consiglieri regionali rappresentano il collegio provinciale in cui sono eletti, non tutto il territorio della Regione. I territori saranno rappresentati a macchia di leopardo.
La legge Boschi non prevede la presenza dei Presidenti delle Regioni che pure ai sensi dell’art. 121della Costituzione vigente rappresentano la Regione.
Garanzie costituzionali rafforzate
È falso che la riforma aumenti le garanzie. L’articolo 83 della Costituzione vigente prevede che “L’elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza dei due terzi dell’assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta”. La revisione a partire dal settimo scrutinio per l’elezione del Presidente della Repubblica, prescrive la maggioranza dei tre quinti dei votanti. La modifica è presentata come un vanto della riforma. La maggioranza richiesta è dei tre quinti dei votanti non più dei componenti. La norma rende agevole al governo eleggere un presidente su misura. Inoltre, la competenza a eleggere 5 giudici della Corte costituzionale non è più del Parlamento in seduta comune; tre li elegge la Camera, che ha 630 membri, e due il Senato che ne ha 100. Il divario tra Camera e Senato è evidente.
Intreccio con l’Italicum
E’ falso che la riforma non cambi la forma di governo. La trasformazione risulta da un disegno complessivo il cui perno è la legge elettorale, perché senza l’Italicum la riforma costituzionale non poteva raggiungere l’obiettivo finale: verticalizzare il potere e gestirlo senza ostacoli e limiti. La democrazia costituzionale ne risulta stravolta. I cittadini sono rimasti senza voce: con un Senato non più eletto dal popolo ma da consiglieri regionali che si eleggono fra loro, con una Camera dove domina una maggioranza artificiale creata distorcendo l’esito del voto. Una Camera in cui una simile maggioranza può dominare le istituzioni, estendendo la sua influenza alle stesse istituzioni di garanzia. Il popolo viene espropriato della sovranità popolare consegnata a una minoranza che solo grazie al premio di maggioranza si impossessa di tutti i poteri.
Negli ultimi giorni il presidente del Consiglio ha manifestato la sua disponibilità a modifiche dell’Italicum, purché ci sia una maggioranza parlamentare adeguata. Viene solo da obiettare che nella fase di approvazione dell’Italicum si è proceduto con voti di fiducia, con i quali si è preclusa la possibilità di un adeguato dibattito parlamentare. Soltanto una volta nel dopoguerra è stata approvata una legge elettorale ponendo la fiducia: nel 1953 con la legge truffa.
Attuare la Costituzione per cambiare il Paese
C’è chi teorizza che “se a ottobre vince il NO per le riforme è finita”. Il termine riforma assume per noi una valenza positiva che non può significare radicale modifica e stravolgimento della Costituzione. Bisogna certamente cambiare il Paese. Ma per far questo non si può pensare, come si sostiene, di “modernizzare”, la Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza. Il Paese lo si cambia attuando la Costituzione nei suoi principi e nei suoi valori fondamentali, a cominciare dall’art.1 che recita “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”.
Gli scenari post referendari
Dobbiamo fare fronte alla campagna che vuole suscitare angosce e timori, nel caso dovesse prevalere il no. In particolare è pericolosa l’obiezione di chi dice che verremmo emarginati in Europa. In una intervista al “Corriere della Sera” del 3 settembre 2016 il Commissario dell’Unione Europea Dombrovskis, alla osservazione del giornalista sul referendum costituzionale al quale i mercati e le altre capitali guardano con timore, risponde: “Lei sa che la Commissione cerca di stare fuori dalla politica interna dei vari paesi. Non prendiamo decisioni in base a questi argomenti.”
Iniziative a sostegno del NO
Dobbiamo cercare di uscire dal nostro guscio per informare e far conoscere alla gente i termini delle questioni, rimanendo rigorosamente nel merito e differenziarci dalla propaganda che prende di mira il governo.
I confronti tra il sì e il no non sempre sono utili e opportuni. Rivestono la loro validità se si effettuano nelle scuole, nelle Università o nei luoghi di lavoro. Negli altri casi si possono risolvere in confronti tra opposte tifoserie, con i cittadini completamente estranei e assenti. È molto più efficace fare propaganda tra gli elettori con volantini e materiale molto semplice e diretto. Questa credo sia la giusta direzione.
Dobbiamo prenotare la Loggia dei Mercanti per il sabato e la domenica a cominciare da ottobre. La formula potrebbe essere quella adottata per il firma day: diffusione di materiale e brevi interventi, intervallati da intermezzi musicali.
E’ in programma un corso di mezza giornata, all’ANPI, tenuto dall’avv. Pucci, con distribuzione di materiale informativo. Nel frattempo, ognuno di noi può informarsi sul merito della revisione costituzionale.
Altro terreno da sondare è quello di verificare la possibilità di confronti tra sì e no per i diciottenni (ultimo anno delle scuole medie superiori) nelle Università e nei luoghi di lavoro.
Impegni dell’ANPI di Milano e Provincia
Siamo e saremo impegnati anche su altri importanti versanti.
Giovedì 8 e domenica 11 settembre al Memoriale della Shoah abbiamo promosso con ANED, FIAP, ANPPIA, in collaborazione con il Piccolo Teatro di Milano un’importante iniziativa sulla deportazione antisemita e politica. L’evento ha riscosso molto successo tra i milanesi.
Dal 10 al 24 novembre alla Casa della Memoria verrà allestita una mostra sulla Guerra civile spagnola. Sono previsti: un dibattito tra storici, un’iniziativa di carattere musicale, uno spettacolo teatrale.
E’ stato espresso parere favorevole dal Sindaco di Milano e dall’Assessore alla Cultura per l’intitolazione di un giardino a Giovanni Pesce, di cui ricorrerà il prossimo anno il decennale della scomparsa.
Verrà realizzata, su nostra proposta, una importante mostra dedicata alla scultrice Bianca Orsi, recentemente scomparsa, medaglia di bronzo della Resistenza, alla Casa della Memoria.
Si svolgerà la cerimonia per la consegna delle medaglie del 70° della Liberazione al Conservatorio di Milano nella mattinata di sabato 15 ottobre 2016. La cerimonia è promossa dalla Prefettura, con la partecipazione del Sindaco di Milano e dei Sindaci dei Comuni della città metropolitana.
Riprende ANPI Libri, con la presentazione del libro di Giulio Cuzzi sulla Resistenza in Jugoslavia e di Tinin Mantegazza sui suoi ricordi della Seconda Guerra Mondiale a Milano. Vi aggiorneremo su altre presentazioni.
E’ stato costituito il Comitato per le Pietre di inciampo, per ricordare anche a Milano, Città Medaglia d’oro della Resistenza, chi non è più tornato dai lager nazisti.
Nell’ambito della rassegna Fuori Cinema promossa dall’ANTEO, Sabato 17 settembre alle ore 14,30 verrà proiettato, su proposta dell’ANPI, il documentario “Il primo giorno – 25 aprile 1945”, con interviste a Tino Casali, Giovanni Pesce, Gianfranco Maris, Stellina Vecchio. Domenica 18 settembre alle ore 19 sarà la volta di “Partiti per Bergamo”, sull’eccidio dei 15 Martiri di Piazzale Loreto. I filmati saranno proiettati alla Casa della Memoria.
Infine il tesseramento. Le tessere sinora consegnate sono 10.226, con un lieve incremento rispetto alla stessa data del 2015. Bisogna continuare nella campagna di tesseramento e di rafforzamento della nostra Associazione che si chiuderà il 31 ottobre 2016.
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