Situazione internazionale e nuova politica americana
Trump è il capofila di una nuova contro-cultura che va studiata con attenzione, perché in essa si fonda non soltanto la nuova politica americana, ma addirittura un tentativo di nuovo ordine mondiale. La nuova linea di politica americana nasce come frutto dello spaesamento democratico che la crisi lascia dietro di sé. Le tre emergenze concentriche di cui soffrono i nostri Paesi – ondata migratoria senza precedenti, terrorismo islamista che colpisce anche il vecchio continente, crisi economico-finanziaria che lascia dietro di sé una crisi drammatica del lavoro – hanno un risultato comune nel riflesso congiunto di insicurezza per il cittadino, che si sente esposto come mai in precedenza, davanti a eventi fuori controllo. Abituato a pretendere sicurezza dallo stato nazionale il cittadino si sente sempre più solo, soprattutto in un’epoca in cui i partiti si riducono a semplici comitati elettorali e non trasformano i problemi singoli in problemi comuni. Anzi: quelle che erano grandi questioni collettive stanno diventando preoccupazioni individuali, insormontabili. Le istituzioni e la politica ignorano il cittadino. Nel 2017 arriva qualcuno, con una tribuna universale quale l’America che evoca l’uomo dimenticato, eccita la contrapposizione (loro festeggiano, il popolo patisce) fino alla promessa finale: da oggi un movimento di portata storica scuoterà il mondo, “portando il popolo a ritornare sovrano.” Un discorso identitario – l’identità degli arrabbiati che devono rimanere tali – che si basa su finte promesse frutto di una semplificazione del mondo. La democrazia del Novecento rischia di andare in frantumi sotto la spinta di Trump in America, della Nuova internazionale della destra in Europa (pensiamo al Fronte nazionale di Marine Le Pen e alla lega di Salvini), dell’Austria, del blocco di Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria) che teorizza il ritorno a un continente fatto di nazioni, cui si devono aggiungere le tendenze protezionistiche della Brexit inglese. Ora il presidente Usa ha imposto dazi su acciaio e alluminio all’Europa, scatenando la reazione di Bruxelles, e alla Cina, principale nemico degli Stati Uniti. Un filo conduttore, c’è nella politica estera americana: il presidente non si fa forte del ruolo geopolitico dell’America e della sua sola politica militare. Preferisce invece usare come strumento di pressione, l’enorme forza d’urto dell’accesso al mercato interno americano, il più vasto e ricco del mondo.