Intervento del Prof. Vittorio Bellavite ai funerali di Don Luisito Bianchi

Le mie due parole sono dette anche a nome dei vecchi amici delle ACLI , in particolare di quelli degli anni sessanta, ‘65-‘68 per la precisione, che parteciparono al gruppo di impegno ecclesiale Ora Sesta, di cui don Luisito fu l’animatore (e l’autore delle canzoni che abbiamo rieditato in occasione dei suoi ottanta anni). Fu quello un periodo determinante nella vita di Luisito . Era assistente dell’ufficio centrale formazione delle ACLI, lo lasciò per il lavoro in fabbrica alla Montedison di Spinetta Marengo, ai forni del biossido di titanio. Rifiutò contemporaneamente le strutture del sistema ecclesiastico, quelle, per capirci, dei Concordati, dell’ottopermille, dell’alleanza col potere. A quel rifiuto fu poi sempre coerente

Questa decisione gli permise di riprendere orientamenti e amicizie di prima.

Anzitutto il rapporto con questo monastero, coltivato dai tempi della Madre Marchi, dove sta la sorella Mirella-Margherita, dove visse la madre malata e lui stesso fino ad oggi. Poi la sua attività di traduttore ma soprattutto di scrittore. Al centro di quest’ultima due tematiche su tutte, la gratuità dell’annuncio della Parola e la Resistenza. Sulla gratuità Luisito ha scritto molti testi, sia ispirati che molto documentati su questa questione nella storia della Chiesa, soffrendo, quasi fisicamente, quando il patrimonium pauperum (tutti i beni della Chiesa amministrati per l’aiuto ai poveri) fu sottratto, negli anni ottanta del secolo scorso, alla sua antichissima destinazione.

Con l’epopea della Resistenza egli riteneva di avere un grande debito, quello di non avervi partecipato direttamente (anche se il 25 aprile non aveva ancora diciotto anni). Si sdebitò scrivendo un romanzo, “La messa dell’uomo disarmato”, che rimarrà come di gran lunga il più importante testo cristiano sulla lotta di Liberazione, che viene interpretata come un progressivo e faticoso disvelamento della Parola. Questi contenuti sono stati esposti con la vena del grande narratore che descrive in modo magistrale la natura e costruisce grandi personaggi.

Mi ha scritto ieri sera Vito Mancuso: “Ho letto “La messa dell’uomo disarmato”, e posso dire che ho pianto, tanto sono stato toccato dalla profondità con cui il dramma della vita è stato portato alla scrittura” Userò ancora queste belle parole di un noto storico “laico”, Mimmo Franzinelli, “La messa dell’uomo disarmato …sviluppa le tematiche della dignità e della solidarietà, del riscatto individuale e collettivo che non necessariamente dipendono dall’ardore militare. Anzi: la violenza, sebbene imposta dall’occupazione straniera e dalla pressione del collaborazionismo fascista, pone seri problemi morali, giustificandosi soltanto come dolorosa difesa della comunità, investita dalla tempesta bellica e lacerata dalla guerra civile.”

Allora “il sangue gratuitamente sparso” nella Resistenza (per usare una sua espressione) per una società nuova, che fosse di parte rossa o di parte bianca, si intreccia con la gratuità dell’annuncio evangelico e costituiscono l’unicum del messaggio che don Luisito ha lasciato alla nostra Chiesa, a tutte le Chiese, alle altre religioni e a tutta la nostra società.

Ciao Luisito.