Cervi Giovanni

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Gattatico (RE), 1 giugno 1903 – Milano,19 dicembre 1943.

Nato a Gattatico (RE) il 1° giugno 1903, fucilato il 19 dicembre 1943. Si laureò nel 1927 in ingegneria industriale al Politecnico di Milano. Vinto il concorso di assistente alla cattedra di meccanica dell’Università di Perugia nel 1935 fu costretto a lasciare l’insegnamento per essersi rifiutato di iscriversi al Partito Nazionale Fascista. Trovò lavoro prima all’Ana di Cesano Maderno, poi alle De Kummerlin di Milano ed infine, nel 1940, fu assunto alla Caproni di Taliedo. Militante di Giustizia e Libertà, organizzatore degli scioperi del marzo 1943, il 25 luglio fu eletto capo della Commissione interna alla Caproni. Il 9-10 settembre 1942 partecipa al tentativo di costituzione della Guardia Nazionale in stretta collaborazione con Leopoldo Gasparotto. Fu arrestato dalle SS il 3 novembre e detenuto nel carcere di San Vittore. Viene fucilato all’Arena il 19 dicembre 1943 per rappresaglia contro l’attentato in cui, il giorno prima, era morto il federale di Milano Antonio Resega. Maggiori informazioni sull’eccidio all’arena sulla lapide collettiva Arena Civica sempre in municipio 1.

Luigi Borgomaneri ha raccolto la seguente testimonianza di Mariano Lazzarini su Giovanni Cervi: “Con la scomparsa di Cervi veniva a mancare un protagonista straordinario del movimento antifascista della Caproni, quello che più di tutti aveva riscosso simpatie e consensi, travalicando gli schieramenti di partito; la sua personalità integerrima, l’atteggiamento fermo ma alieno da settarismi, la ricerca dell’unità tra i democratici che aveva caratterizzato ogni sua azione, l’estrema sensibilità verso i più deboli, fecero sì che i comunisti delle officine di via Mecenate intitolassero al nome del valoroso dirigente di Giustizia e Libertà la 196ª Brigata Garibaldi SAP costituitasi ufficialmente nei giorni dell’insurrezione; così come i partigiani giellisti della fabbrica, nel momento in cui dopo la Liberazione vollero farsi riconoscere dal nuovo Stato democratico per il servizio prestato nella lotta clandestina, ottennero per loro comodità di essere inquadrati nella stessa formazione sappista”.

Qui ricordiamo il giorno del suo funerale nelle parole del nipote Pier Antonio Cervi che allora aveva 6 anni e ricorda quel giorno come fosse ieri: “Il ricordo indelebile di quanto i partigiani della Caproni gli volessero bene, fu quando un giorno d’estate dopo la liberazione, lo riportarono a casa: vennero a Montecchio da Milano, forse in duecento, con 40 automobili e i fazzoletti al collo e le bandiere, rosse e tricolori. Allestirono la camera ardente nel salotto al piano terra. Per due giorni 4 di loro a turno lo vegliarono giorno e notte quale picchetto d’onore, fino al momento che lo accompagnarono per l’ultimo saluto. Poi ripiegarono le bandiere e se ne andarono ordinatamente, non senza prima aver imposto il suo nome ad una via del paese”.

Giuseppe Bulferi Bulferetti, nel suo discorso di commemorazione di Giovanni Cervi dell’ottobre del 1945, disse: “Dopo la crudele mistificazione del processo i nove sono portati all’Arena dove era stato predisposto il plotone di esecuzione composto di 20 militi della Trieste (fascisti vestiti da bersaglieri) e da 20 della Muti. Alle 17.30 è data lettura della Sentenza che ne condanna otto alla fucilazione alla schiena e al solo Brenna Mario viene commutata la pena a 20 anni di reclusione. Questi deve però assistere alla fucilazione dei suoi compagni. Le otto vittime innocenti si abbracciano e si baciano nel loro reciproco ultimo saluto e sono costrette a sedersi e a farsi legare su apposite sedie alla presenza del questore, del prefetto Uccelli in rappresentanza del Ministro Buffarini Guidi, ispiratore della strage. Al confessore il Cervi dice che per sé non gli importa di morire, ma gli dispiace per il colpo che dà alla madre e ai fratelli, e perché è una morte ingiusta e immeritata. Si leva il pullover e lo dà al cappellano militare da portare come suo ultimo ricordo alla fidanzata. E quando viene ordinata la terribile parola “fuoco” tutti gli otto martiri d’accordo si alzano in piedi come segno di protesta e per morire da forti. Il Cervi grida: “Viva l’Italia” e cade bocconi in avanti insieme agli altri.”

(Fonte http://www.msacerdoti.it/cervi.pdf)

SCHEDA BIOGRAFICA