Nato a Zeme (PV) il 17 marzo 1900, Milano, poligono di tiro di piazzale Accursio, 31 dicembre 1943.
“Cara mamma, quando riceverai questa, io non ci sarò più, il piombo nemico mi avrà già freddato, perciò mi raccomando a te i miei cari figlioli, baciali tanto per me, come pure Tilde ed istruiscili finché siano buoni patrioti come lo fui io e che facciano di tutto per vendicarmi. Caramente bacio tutti per l’ultima volta, addio evviva l’Italia evviva l’idea comune. Vostro Arturo”
È la lettera che scrive alla madre poco prima di morire a quarantatré anni. È a San Vittore dal 19 dicembre ‘43. Interrogato e torturato dalle SS, vi rimane sino al 31 dicembre 1943 quando sarà fucilato. In quei giorni nello stesso carcere sono rinchiusi anche la moglie Matilde Bottero e il fratello Cesare. Arturo e la sua famiglia arrivano a Milano da Mortara nel 1939. Antifascista e militante comunista è perseguitato. Tiene duro ed è tra coloro cui si deve, in anni di fascismo trionfante, la riuscita di una rete antifascista clandestina che permetterà l’arruolarsi di molti giovani nelle file partigiane. Soggetto a continui fermi di polizia e angherie varie, è infine costretto alla fuga in Svizzera e Francia. Dopo l’8 settembre, milita nella 3a Brigata Garibaldi GAP. Il suo negozio di bici di viale Monte Santo diventa un punto di riferimento per la resistenza, per i fuggitivi e per gli operai che si stanno organizzando nelle fabbriche. Vi sono nascosti materiali d’informazione, viveri e armi destinati ai partigiani di San Martino. Il 19 dicembre del 1943 Arturo è in missione nella zona di Mortara. È fermato e arrestato dai tedeschi nei pressi della stazione. Nei giorni successivi sono arrestati sua moglie Matilde e suo fratello Cesare che cercano di trasferire il materiale da viale Monte Santo. Sono le ore 12,30 dell’ultimo giorno del 1943. Arturo Capettini con Cesare Poli e Gaetano Andreoli, tutti partigiani della Terza GAP, sono fucilati al poligono di tiro di piazzale Accursio. Nel maggio del 1944 prende il suo nome, la “51 Brigata Arturo Capettini GAP” delle formazioni garibaldine. Suo fratello Cesare, rinchiuso a San Vittore, nello stesso raggio di Arturo, nonostante brutali percosse, non rivela alcuna informazione sull’attività clandestina. È deportato a Mauthausen nel febbraio 1944 e morirà il 4 marzo del 1945. La moglie Matilde, a San Vittore subisce la brutalità dei repubblichini. Viene per vie traverse a sapere della presenza di suo marito nel carcere e gli succede persino d’incrociare nei corridoi il cognato, con i segni delle torture. Rimane in carcere per quattro mesi e altri tre in detenzione nel campo di Fossoli. Scopre la sorte del marito solo tre mesi dopo la sua morte. È caricata su un treno per essere trasferita nel lager di Mauthausen. Durante il trasferimento, nelle vicinanze di Padova c’è un bombardamento alleato. Matilde riesce a fuggire. Morirà a Roma a ottantasette anni. Un’altra lapide lo ricorda in viale Monte Santo 10, dove aveva la sua officina.
Lapide : via Monte Santo, 10
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