25 Aprile 2011: Enzo Bennardis

Enzo Bennardis – Sindacalista

Il 25 aprile non è una data qualsiasi.

Rappresenta la conclusione di una lunga e dura lotta per riconquistare libertà, democrazia e diritti che il fascismo aveva cancellato.

Non è un caso se proprio dalle grandi fabbriche metalmeccaniche iniziarono i primi scioperi e le prime mobilitazioni contro il regime. Sono stati i lavoratori, in primo luogo, a battersi per una “Repubblica democratica fondata sul lavoro” e, poi, a conquistare lo Statuto dei lavoratori e il Contratto nazionale.

Quella che viviamo oggi è una situazione pericolosa.

In discussione non ci sono solo il contratto nazionale, lo statuto dei lavoratori, i diritti nelle aziende, ma la Costituzione e la democrazia.

Oggi vogliono cancellare persino il diritto di sciopero, ossia un diritto fondamentale, vogliono impedire che i lavoratori scelgano liberamente da chi farsi rappresentare nelle fabbriche.

Io faccio l’operaio e il delegato sindacale in una fabbrica metalmeccanica.

Quando sono entrato alla Nacco mi hanno detto “Qui ci sono diritti e doveri”.

Oggi ci dicono che ci sono solo imposizioni.

I ricatti di Marchionne a Pomigliano, a Mirafiori e alla Bertone “o accetti le mie condizioni  oppure chiudo le fabbriche” non sono solo un attacco ai diritti dei lavoratori, ma sono un attacco ai diritti di tutti e alla democrazia.

L’idea che sta da dietro è che i lavoratori siano merce, da sfruttare senza alcun vincolo.

La pensano così anche i padroni della Thyssen che dopo essere stati condannati per l’omicidio di sette operai, oggi minacciano di chiudere la fabbrica di Terni.

Nelle aziende persino la sicurezza sul lavoro viene considerata un lusso.

La pensa così anche il Governo, che vuole modificare persino l’articolo 1 della Costituzione di questo paese, che si occupa di tutto (bunga bunga compreso), tranne che della crisi drammatica che vivono le lavoratrici e i lavoratori.

Quello che vogliono i padroni e il governo sono i lavoratori soli, senza possibilità di parola, messi uno contro l’altro e senza un sindacato degno di questo nome, che li rappresenti davvero.

Ma nessuno di noi, da solo, può resistere.

Nella mia fabbrica hanno deciso di licenziare un operaio disabile.  Noi delegati abbiamo proclamato sciopero e organizzato un presidio.

Quel giorno, davanti ai cancelli della Nacco non c’erano solo i lavoratori dell’azienda, ma c’era tutta la Fiom e i delegati di altre fabbriche.

Questa esperienza ha detto chiaramente ai lavoratori che non sono soli, che con loro c’è un sindacato che crede fermamente nella democrazia e che risponde solo ai lavoratori, che la solidarietà è un valore e questo ha dato fiducia nella lotta alle ingiustizie.

Dobbiamo essere in tanti e convinti per sconfiggere chi ci vuole riportare ai tempi bui del fascismo, quando chi si opponeva rischiava la vita.

Oggi chi si oppone non rischia la vita, ma viene attaccato violentemente.

Ne sanno qualcosa anche i giudici di Milano che si sono sentiti dare dei brigatisti solo perché stavano facendo fino un fondo il loro lavoro.

Anche per questo io penso che sia davvero a rischio la democrazia e la libertà in questo paese.

Non ci dobbiamo rassegnare all’idea di società autoritaria che ci vogliono imporre.

Dobbiamo andare avanti tutti insieme per riconquistarci un modo di lavorare e di vivere dignitoso e sereno.